Antichi coralli e cammei, capolavori di alta gioielleria, amuleti e oggetti devozionali, creazioni dei più famosi designer o realizzate per i grandi nomi del fashion. C’è tutta la creatività orafa italiana nella nuova collezione del Museo del Gioiello di Vicenza, che ha recentemente svelato il nuovo allestimento.
Un percorso che parte dalla tradizione dei principali distretti – Vicenza, Valenza, Arezzo, Torre del Greco – per condurre il visitatore nella storia dell’ornamento prezioso, partendo dalle origini magiche, fino a pezzi tecnologici e non convenzionali.
Nove, come sempre, le “tappe”, divise in altrettante sale: Simbolo, Magia, Funzione, Bellezza, Arte, Moda, Design, Icone, Futuro.
E allora torno a parlarvi di gioielli, per portarvi nel cuore della mia città, sotto la Basilica Palladiana, in uno spazio espositivo legato alla tradizione orafa da secoli e che ora ospita, appunto, il Museo del Gioiello realizzato da Italian Exhibition Group e diretto da Alba Cappellieri.
Un’esperienza da non perdere se visitate la città del Palladio e da mettere decisamente nella lista dei musei da visitare, anche per una giornata diversa durante l’Avvento o le vacanze di Natale.
In viaggio nel gioiello
Nato nel 2014, il museo vicentino è il primo in Italia dedicato interamente al gioiello e negli anni ha esposto pezzi dei più grandi brand mondiali, con collezioni rinnovate ogni biennio.
Il nuovo allestimento è invece un omaggio al gioiello italiano e alle sue declinazioni, che si snodano lungo tutta la penisola, dalla preziosità delle pietre dei valenzani al fascino dei coralli e cammei di Torre del Greco, passando per l’arte e la tradizione vicentine, l’artigianalità fiorentina, la tecnologia aretina e la creatività dei grandi designer e dei maestri del gioiello moda.
Un percorso tra 270 gioielli, ma anche attraverso i secoli: la preistoria degli amuleti, fibule del V-VI secolo, pezzi realizzati tra ‘700 e ‘800 su ispirazione archeologica, gli smalti e pietre dell’Art Déco, bottoni e portasigarette preziosi (tra cui uno appartenuto a Vittorio Emanuele II), il lusso delle star del Novecento, l’opulenza del bijou, spesso creato per le grandi marche.
La scelta del direttore
Ad accogliere i visitatori è il magnifico collier selezionato da Alba Cappellieri, firmato da uno dei grandi nomi della gioielleria italiana: Gianmaria Buccellati, seconda generazione di una dinastia lunga un secolo, che nei decenni ha servito l’aristocrazia italiana, tra cui Gabriele D’Annunzio, amico fraterno del fondatore Mario.
“Foglie d’autunno” è stata realizzata nel 1996 negli atelier milanesi dell’azienda e prende ispirazione dalle forme e colori della natura autunnale, tra foglie in oro giallo venate in oro bianco e quarzi citrini alternati ad ametiste. Un pezzo da sogno, come sempre, dal fascino antico e dallo stile inconfondibile.
Un’accoglienza, insomma, tutta da gustare rendendo omaggio a uno dei maestri che hanno fatto la storia del gioiello italiano, prima di inoltrarsi nelle nove sale.
E allora, partiamo anche noi, per un assaggio di quello che potrete ammirare di persona al Museo del Gioiello.
Sala Simbolo
Tutta la creatività dei distretti italiani riassunta in una sala. Il viaggio nel Museo del Gioiello inizia dalle collezioni private delle grandi famiglie del Corallo di Torre del Greco: Aucella, Liverino, Mazza, Iacobelli, Ascione. Pezzi unici dal Settecento alla metà del secolo scorso.
Si apre invece con due simboli della religiosità cittadina la sezione dedicata a Vicenza: la corona e il pettorale della Madonna di Monte Berico sono infatti frutto delle donazioni dei fedeli e dell’arte orafa degli artigiani. Ma ci sono anche la corona del designer Cosimo Vinci e i pezzi iconici delle aziende del terrirorio, come Fope e Roberto Coin.
Mette in campo tutta la preziosità delle sue creazioni di alta gioielleria il distretto valenzano, che nelle vetrine del museo porta le creazioni di alcuni dei suoi più importanti marchi, come Crivelli, Pasquale Bruni, Barberis, Moraglione, Vendorafa e Salvini.
Infine, il distretto aretino rappresentato dalle grandi aziende che ne hanno fatto e tuttora ne fanno la storia, a partire dalla “capostipite” Unoaerre, attraversando il Novecento attraverso i gioielli di Giordini e Artlinea.
Sala Magia
I primi gioielli risalgono a circa 130.000 anni fa, quando su un’altura della Croazia otto artigli di aquila vengono levigati, intagliati e legati tra loro con fibre animali, creando una collana. Per una produzione abbastanza sistematica di ornamenti si dovrà comunque aspettare l’Homo Sapiens, ancora per una trentina di millenni, e per l’oro la fine del Neolitico, ma il gioiello raccontato nella sala “magia” non è solo un abbellimento.
È un talismano che, in forma di serpente, secondo i romani protegge da un incontro con questi rettili. Stesso potere ha il corallo, che preserva anche dalla furia dei fulmini. Un dente di orso o lupo è invece simbolo di un rito di passaggio. Molti pezzi sono parte di rituali funerari, come quelli rinvenuti nelle necropoli di varie parti d’Italia. Ma il gioiello è anche un amuleto che richiama la forma degli astri: ciondoli lunari a protezione di donne e bambini, simbologie solari legate invece all’elemento maschile.
Sala Funzione
Ornamenti, talismani, ma anche oggetti quotidiani. Solo più preziosi. Nei secoli il gioiello è stato utilizzato non solo per la sua bellezza, ma anche per la sua funzionalità. Bottoni, fibule, spille, fermacravatta e catene da orologio diventano accessori di lusso, i ciondoli sono preziosi portafoto per custodire gli affetti, i portasigarette piccoli affreschi smaltati, le pettinesse si arricchiscono di perle in corallo.
E non solo nell’Ottocento e nel Novecento, visto che la funzione viene ripresa dai designer del nuovo millennio, in un misto di utilità e provocazione, come nel bracciale Portagugit (portaspilli) di Fabio Cammarata, nel Brushring (anello spazzolino) di Paolo Ulian o nel Lentical Hairpin (spillone per capelli con lente) di János Gábor Varga. Le curiosità, vi assicuro, non mancano.
Sala Bellezza
L’alta gioielleria vi fa sognare? Restate incantate ad ammirarne la preziosità, le forme, le pietre, la lucentezza? Questa è la vostra (nostra) sala! Se quella Simbolo raccontava la storia dei distretti italiani, in questa sono in mostra alcuni dei pezzi più affascinanti prodotti dalle loro aziende.
Alcuni esempi? Accanto ai gioielli dei marchi già citati, la collana Floral High Jewellery di Bulgari, il bracciale Le Quattro Stagioni di Giuseppe Fusari, la collana Galli di Chantecler, la spilla cammeo La vittoria di Dio sul virus di Ottaviano, la parure Catene di Pomellato, le spille di Leo Pizzo e Carlo Barberis, il colletto Audrey di Ronco, gli anelli di Nanis, Damiani e Antonini, il girocollo multifilo di Marco Bicego.
Pezzi di grandissimo pregio sono anche quelli firmati dai designer, come la parure Bamboo di Daniela Vettori e il bracciale Polpo di Antonio Palladino. O l’anello Lucca di Alessio Boschi, amico e designer dalla sconfinata creatività, che racchiude una sorpresa invisibile al visitatore: sollevando i tetti che sovrastano le case intervallate da archi, dallo spazio che circonda la grande tzavorite incoronata di diamanti, esce un bracciale a catenella con lo stemma della città realizzato in pietre preziose.
Sala Arte
Che l’oreficeria sia un’arte non c’è dubbio. E nemmeno che l’arte si sia interessata nei secoli alla gioielleria. Nel corso del Novecento, in particolare, pittori e scultori hanno “sconfinato”, dando vita a forme decisamente meno convenzionali. E non mancano nemmeno orafi artisti, che hanno deciso di andare oltre le linee più classiche. Da questa sala, quindi, si passa a pezzi più di ricerca, anche nel campo dei materiali, senza abbandonare del tutto – almeno per ora – l’oro.
Diversi, quindi, in questa sala i pezzi di artisti che non si sono fatti mancare un’incursione nel gioiello, a partire dalla collana con pendente smaltato disegnata da Giò Pomodoro, da quella decisamente spigolosa di Giampaolo Babetto e dalle Colombe della pace di Aligi Sassu.
Preferiscono invece i bracciali Kiky Vices Vinci e Giorgio Facchini, con i suoi Movimenti cinetici. Inconfondibile la spilla firmata da Pietro Consagra, mentre Salvatore Fiume è rappresentato da un ciondolo in oro e smalto a fuoco. I gioiellieri artisti? Li lascio scoprire a voi.
Sala Moda
Non esiste, probabilmente, una grande maison di moda che non abbia proposto propri gioielli da abbinare alle collezioni di abiti. Queste due arti, del resto, sono state sempre legate a… doppio filo.
E i migliori creatori di bijoux hanno prestato il propri lavoro ai marchi del made in Italy più famosi al mondo: Valentino, Versace, Armani, Gucci, Coveri, Krizia, Missoni, Moschino, Emilio Pucci sono alcuni dei nomi che “sfilano” al Museo del Gioiello. Con pezzi che, spesso, sono appunto disegnati dai “big” del gioiello moda, come Sharra Pagano o Ugo Correani. Accanto a loro aziende orafe che puntano sul rapporto con questo mondo.
E allora, se vi ho incuriositi, ecco una gallery – non esaustiva – dei grandi stilisti.
Sala Design
Poteva il design non entrare nel mondo del gioiello? La risposta è un enorme e scontato “no”. E allora dal Dopoguerra architetti, progettisti e designer industriali si sono “tuffati” in questo settore, realizzando pezzi che devono ovviamente molto alle loro discipline.
Da Ettore Sottsass ad Aldo e Matteo Cibic, da Cleto Munari ad Alessandro Mendini, da Matteo Ragni a Lella Valle Vignelli e da Marco Romanelli a Enzo Mari, il Museo del Gioiello ospita il gotha del design italiano.
Sala Icone
Cosa sono le icone? Capolavori che vanno oltre il tempo e restano immutabili nella loro bellezza, sopravvivendo alle mode. Così i pezzi selezionati per questa sala del Museo del Gioiello.
Parure ottocentesche in oro giallo, legno e avorio intagliato, gioielli d’ispirazione egizia per il revival di fine Ottocento e inizio Novecento, gioielli art déco, coralli, bracciali in micromosaico che riproducono scene mitologiche firmati da Luigi A. Gallandt e un bracciale appartenuto a D’Annunzio e realizzato sempre dall’amico Mario Buccellati sono alcuni degli splendidi gioielli che dopo l’immersione nella moda e nel design fanno tornare a quel gusto del dettaglio proprio dei grandi maestri orafi.
Sala Futuro
Non si può però parlare di passato e presente del gioiello italiano, senza interrogarsi sul suo futuro. Per questo la visita al Museo del Gioiello si conclude con la sala dedicata a pezzi che vogliono anticipare il gioiello che sarà.
I materiali sono per lo più alternativi, dalle resine morbide al vetro, dal poliammide sinterizzato al titanio stampato in 3D. Le forme si fanno ancor meno convenzionali, con bracciali rigidi che occupano tutto l’avambraccio, anelli a doppia falange con placca sul dorso della mano e vere e proprie maschere (Niccolò Umattino s’ispira a quelle odontoiatriche) o anelli che possono essere indossati come earcuff e contengono il proprio “passaporto digitale”.
In un mondo sempre più connesso, del resto, gli orecchini possono ovviamente inglobare auricolari wireless, ma una collana può anche contenere celle solari trasparenti che imitano la fotosintesi e le permettono d’illuminarsi, come in Living Jewellery di d’Orica.
Orari e prezzi
Il museo è visitabile dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18, sabato e domenica dalle 10 alle 18. La prenotazione non è obbligatoria. Biglietto intero 10 euro, ridotto 8. Il Museo del Gioiello è inoltre inserito nella Vicenza Card. Per l’accesso sarà necessario esibire il Green Pass. Tutte le informazioni qui.
Con questa panoramica vi ho presentato un museo che amo e che forse, è ancora troppo poco conosciuto. Ora… non vi resta che visitarlo! Magari nei prossimi fine settimana, ammirando lo splendore di piazza dei Signori illuminata a festa per il Natale.
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