Inizia il calendario d’Avvento di TheMebWay! Questa prima settimana sarà un po’ più corta, ma non meno interessante delle prossime. E allora… togliamo dalla libreria i primi volumi!
A regalarci il primo libro è Lisa, compagna di danze e di avventure in giro per l’Italia e la Scozia. La scelta è caduta su un romanzo che in tanti conosciamo o pensiamo di conoscere. Ma forse non tutti i libri sono da leggere e riporre per sempre… La parola, quindi, a Lisa.
“Chi è Siddharta? È uno che cerca, e cerca sopratutto di vivere intera la propria vita”. Queste le prime parole che ho letto sul retro dell’edizione di questo piccolo e magico libro che ho deciso di rileggere lo scorso agosto. Siddharta è un libro da leggere spesso nella vita, perché ad ogni rilettura, quel fiume che imperturbabile scorre, lui (il fiume) che è passato, presente e futuro al tempo stesso, ti racconta storie diverse. Siddharta è la storia di una vita, è la storia di una ricerca, di ciò che tutti ricerchiamo, la nostra felicità, il nostro sé.
Siddharta è da rileggere spesso per ricordarsi di vivere la vita Qui ed Ora, Felici.
L’incipit
“Nell’ombra della casa, sulle rive soleggiate del fiume preso le barche, nell’ombra del bosco di sal, all’ombra del fico crebbe Siddharta, il bel figlio del brahmano, il giovane falco, insieme all’amico suo, Govinda, anch’egli figlio di brahmano.
Sulla riva del fiume, nei bagni, nelle sacre abluzioni, nei sacrifici votivi il sole bruniva le sue spalle lucenti. Ombre attraversavano i suoi occhi neri nel boschetto di mango, durante i giochi infantili, al canto di sua madre, durante i santi sacrifici, alle lezioni di suo padre, così dotto, durante le conversazioni dei saggi. Già da tempo Siddharta prendeva parte alle conversazioni dei saggi, si esercitava con Govinda nell’arte oratoria, nonché nell’esercizio delle facoltà di osservazione e nella pratica della concentrazione interiore.
La scheda: Siddharta, Hermann Hesse, Adelphi, 2012 (1922), 280 pagine
Il secondo libro cambia decisamente tono e dalla spiritualità di Siddharta passiamo alle “cattedrali” nelle quali si celebrano i riti calcistici. Ma non solo. E del resto, poteva un giornalista sportivo non suggerire un libro sugli stadi? E allora vi lascio al consiglio di Giancarlo. Ah, a proposito, è anche mio marito!
Ho passato (e sto passando) una vita sugli spalti. Non potevo quindi non apprezzare “Sugli spalti”, un bel libro scritto da Andrea Ferreri. Il testo è una sorta di giro del mondo che fa tappa in numerosi stadi raccontandone la storia ma – soprattutto – un aneddoto, una situazione, una vicenda particolare che rende unico ogni impianto. Uno stadio non è un corpo a sè in uno stato o in una città: è legato a un vissuto storico, politico, sociale e culturale che in questo libro viene narrato con grande ricchezza di particolari. “Sugli spalti” mi piace perchè, oltre ad essere preciso e dettagliato nel suo sviluppo e avvincente nelle singole narrazioni, è davvero partecipato. Nelle pagine di Ferreri si respira la passione di chi si accosta con amore a un tempio. Con quel fanciullesco entusiasmo che mi induce, in qualsiasi città io vada per la prima volta, a digitare il nome dello stadio sul navigatore e a emozionarmi sempre più man mano che mi avvicino. Un solo rimpianto: non ci sono le foto degli stadi. Magari potrà essere un’idea per un eventuale, graditissimo, “Sugli spalti – volume 2”.
Dal libro
“Ogni stadio ha una memoria fatta di storie sportive e non solo, che si conservano nell’immaginario collettivo, vicende umane che parlano del mondo e delle sue mille contraddizioni. Il libro è un viggio in questa memoria: un viaggio reale per le strade e sugli spalti degli stadi del mondo.
La scheda: “Sugli spalti – In viaggio negli stadi del mondo. Storie di sport, popoli e ribelli”, Andrea Ferreri, Meltemi Editore, 2021, 219 pagine.
Primo venerdì d’Avvento e… prima “Meb’s Choice”! Oggi tocca a me cosigliarvi un libro che mi ha colpita in questo anno e, da modenese e amante della lirica, non potevo che scegliere “La bambina sotto il pianoforte”, di Micaela Magiera. Un libro che parla di tre grandi della musica, ma che può essere goduto anche da chi non è appassionato d’opera.
Una storia modenese, anzi modenesissima. Perché se sei nata sotto la Ghirlandina non hai dubbi su chi siano “La Mirella” e “Leone”. Lei, uno dei più grandi soprani del Novecento; lui grande pianista, musicista e direttore, ma soprattutto il prezioso consigliere e maestro non solo di Mirella, ma anche del suo “fratello di latte”, un certo Luciano, la cui voce è conosciuta in ogni parte del globo.
Micaela, l’autrice, è quella bambina, che da sotto il pianoforte ha visto sbocciare la carriera della madre (anche il nome è dal primo ruolo interpretato da Mirella) e l’ha vissuta da un osservatorio domestico, spettatrice privilegiata e inizialmente inconsapevole, di due delle voci più incredibili del secolo scorso. E proprio la dimensione privata è quella che svela nei suoi racconti, nelle riflessioni e nelle lettere di Leone e Mirella
Ma la storia raccontata nel romanzo è anche quella della città di Modena: la manifattura tabacchi, i quartieri operai con le neonate case popolari, i bombardamenti, le famiglie sfollate durante il conflitto, il Dopoguerra e la rinascita.
Un ambiente in cui si muovono tre personaggi molto diversi: il timido Leone, bimbo schivo e felice di passare i pomeriggi a esercitarsi al pianoforte, già da ragazzo punto di riferimento dei cantanti cittadini per lo studio degli spartiti; Mirella, ancora Fregni, prima di eliminare la “g”, fin da piccola decisa e a proprio agio davanti al pubblico; il giovane Pavarotti, che si rivolge a Magiera per capire se tentare la carriera di tenore o continuare a fare l’assicuratore. Il resto è storia, oltre che un’amicizia e una collaborazione che dureranno decenni.
Perché mi è piaciuto e lo consiglio? Per lo sguardo che offre sul “dietro le quinte” di tre grandi della musica, sulla loro vita prima del palcoscenico, sull’amicizia che ha legato questi grandi artisti. E per la narrazione scorrevole, semplice, che potrebbe in certi momenti potrebbe essere il racconto di un’amica davanti a una tazza di the in piazza Grande.
Dal libro
“A 14 anni Leone ebbe l’occasione di esibirsi per la prima volta in pubblico, presso la parrocchia di S. Agostino per festeggiare la Festa del papà. Il programma prevedeva due pezzi da solista e l’accompagnamento di tre cantanti in arie di opera lirica. Il soprano era un’altra bambina prodigio, quella Mirella Fregni che un paio di anni prima aveva vinto il concorso per musicisti dilettanti indetto dall’Enac (…). Il 29 maggio 1948 Leone incontrò per la prima volta Mirella, che a soli 13 anni cantò come primo pezzo ‘È strano’. “Graziosa questa ragazza, ha una vocina davvero gradevole” pensò Leone, ma la timidezza gli fece alzare appena la testa dalla tastiera e non si azzardò nemmeno a scambiare due parole con la sua coetanea.
La scheda: La Bambina sotto il pianoforte – Storie d’amore di musica nella Modena di Mirella Freni, Leone Magiera e Luciano Pavarotti, Michaela Magiera, 208, Artestampa Edizioni, 229 pagine.
E allora, dopo averne tanto parlato… ecco Luciano e Mirella, nei panni di Rodolfo e Mimì ne La Bohème di Puccini, i “loro” ruoli che tante volte hanno cantato assieme.